In questi giorni ci stiamo dedicando su questo blog ad alcuni aspetti del bilinguismo e dei dialetti/parlate locali, quindi mi è venuta voglia di andare a ripescare i video di una conferenza che avevo tenuto nel 2017 a proposito di bilinguismo ed educazione bilingue.
Non avevo mai divulgato il video, ma oggi pubblicherò alcuni estratti per illustrare delle questioni a mio avviso importanti, anche per chi si avvicina ai corsi di inglese per bambini o chi sta considerando la scelta di una scuola bilingue per i figli.
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Bilinguismo addio: la scelta italiana dopo la guerra
Chi è genitore di un bambino o un ragazzo nel 2022 in Italia difficilmente ha una storia di bilinguismo vissuto in prima persona.
Le persone nate negli anni 70 o 80 in Italia (specie tra coloro che sono cresciuti in città) non sono state normalmente educate in contesti bilingui. Ma, se guardiamo alla generazione dei nostri nonni o bisnonni, al contrario constatiamo che il bilinguismo era una condizione del tutto normale.
Quanti di noi avevano i nonni, nati nei primi decenni del XX secolo, che a casa avevano imparato come prima lingua il dialetto e poi a scuola hanno appreso l’italiano? Molti anziani e meno anziani, specie nei piccoli centri, sono tutt’ora bilingui: hanno il dialetto come “lingua domestica” e l’italiano come lingua ufficiale, nella quale interagiscono al lavoro o quando sono fuori casa.
Certamente, dalla fine della seconda guerra mondiale, la scelta strategica dell’Italia è stata pro-lingua nazionale e contro i dialetti e le parlate locali, che non hanno trovato (tranne alcune eccezioni) rappresentazioni nella scuola e nella vita sociale. Si potrebbe dire che la celebre citazione di Massimo D’Azeglio “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani.”, ha trovato una sorta di compimento nel dopoguerra, con la televisione e la scolarizzazione diffusa, che ha realmente unificato linguisticamente la penisola.
Parallelamente a questo processo, però, si è assistito nei decenni all’abbandono e alla degradazione del dialetto e della cultura/parlate locali.
Molti di noi che siamo nati negli anni 70 e 80 ci siamo formati in un contesto nel quale il bilinguismo in effetti non era considerato come fenomeno, né a livello culturale, né didattico o psicologico. Al contrario, non solo il dialetto è stato attivamente svalutato per anni, ma in certi contesti si riteneva dannosa l’esposizione dei bambini a due lingue o alla lingua e al dialetto.
E’ tuttora diffusa la credenza che “i dialetti non sono lingue”, mentre lo sono a tutti gli effetti (funzionali, espressivi, comunicativi, emozionali…) fuorchè a quelli amministrativi – il dialetto è una lingua in tutto e per tutto , tranne il fatto che a differenza delle lingue nazionali ufficiali , i dialetti non hanno uno stato, una moneta ed un esercito dietro.
Molti pensano anche che i dialetti non siano una ricchezza culturale, e hanno fatto la scelta di non insegnarli ai figli “per non confonderli”.
In realtà, analizzando da studiosi la questione del bilinguismo lingua-dialetto , vediamo che la scelta di dimenticare i dialetti sia stato un impoverimento culturale e abbia privato le generazioni di elementi aggreganti importanti.
Inoltre, abbiamo cosi assistito alla demolizione del bilinguismo che tradizionalmente era una caratteristica tipica degli italiani.
Come genitori e insegnanti, affrontiamo il tema del bilinguismo oggi con un’ottica di osservatori, senza la reale consapevolezza di chi è cresciuto nel bilinguismo. Anche per questo, fioccano e attecchiscono molti “miti” sul bilinguismo.
Qui potete scaricare l’ebook scaturito dalla conferenza e basato sulle domande dei genitori
Bilinguismo- Ebook per genitori
Sempre più genitori si chiedono come dare ai bambini la possibilità di parlare più lingue come "native speakers": rispetto ad alcuni anni fa, quando l'argomento era quasi taboo, ora c'è al contrario una forte spinta verso l'educazione bilingue, di cui vengono sottolineati gli aspetti positivi. Tuttavia, siamo una nazione che da dopo la guerra ha abbandonato il bilinguismo tradizionale (lingua italiana e dialetto) e quindi sono molte le coppie che richiedono consigli su come inserire la seconda lingua nel menage educativo, anche e soprattutto perché spesso la lingua prescelta come seconda non è lingua madre di nessuno dei genitori.
In questa trattazione si parla di cosa è la lingua, come si acquisisce, come funziona l'apprendimento scolastico e perché è diverso dai meccanismo spontanei, e di come usare la routine quotidiana per insegnare , consolidare e fare sviluppare con naturalezza e profondità culturale anche la LS.
Invia link per il download a:
Qui puoi ascoltare alcuni momenti della conferenza
Il ritorno del bilinguismo in Italia: la scolarizzazione in lingua straniera
In un certo senso, abbiamo incontrato nuovamente il bilinguismo come fenomeno sociale in Italia negli anni 90 e 2000.
I fenomeni che hanno riportato il bilinguismo in auge sono sostanzialmente questi:
- l’immigrazione massiva in Italia, l’integrazione e la scolarizzazione in Italia dei bambini che hanno madrelingua diversa
- il fenomeno, crescente dagli anni 2000 ad oggi, per cui le classi medio alte scelgono l’educazione bilingue italiano-inglese, con corsi di inglese anche estremamente precoci o la scolarizzazione in inglese (asili nido in inglese, scuole materne e primarie in inglese).
Curiosamente, il fenomeno del bilinguismo oggigiorno ha perso la sua dimensione tradizionale di “lingua della comunità locale” vs lingua nazionale, ed interessa quindi proprio la scolarizzazione in una lingua diversa dalla lingua natale.
Bambini scolarizzati in lingua non madre (italiano per gli immigrati e inglese per i bambini italiani iscritti alle scuole internazionali) sono il nodo con cui noi genitori ed insegnanti, privi di esperienza diretta con il bilinguismo, siamo entrati in contatto.
Ovviamente non è un fenomeno solo italiano, ma globale, che interessa tutti i paesi meta di immigrazione, da una parte, e tutti i paesi culturalmente e strategicamente legati agli USA e ai fenomeni di globalizzazione culturale, dall’altra. Negli ultimi anni, per esempio, per il medesimo motivo si assiste anche all’esposizione alla lingua cinese nelle scuole internazionali (trilinguismo).
Il bilinguismo “naturale” italiano-dialetto fu abbandonato perchè al dialetto non era considerato sufficientemente prestigioso. Il bilinguismo italiano-inglese (o il trilinguismo italiano-inglese-cinese) viene invece promosso per il fascino ed il prestigio sociale delle due lingue straniere : una “dominante” e l’altra “prospettivamente strategica e dominante”.
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L’interesse ed entusiasmo recenti verso il bilinguismo
Abbiamo assistito negli ultimi 20 anni ad una vera e propria esplosione dell’interesse per i corsi di inglese per bambini. Uno studio finanziato dal British Council indica che il segmento dei corsi di inglese “per bambini” velocemente cresce e surclassa il segmento dei corsi di inglese per adulti.
Complice un discorso di marketing delle scuole internazionali, il bilinguismo scolastico viene presentato alle famiglie italiane in termini entusiastici, incoraggianti, univocamente positivi (tramite associazioni, giornali, siti e televisione che promuovono attivamente la scolarizzazione in lingua straniera ed i progetti di internazionalizzazione nelle scuole).
Se negli anni 70 era diffusa una certa diffidenza verso il bilinguismo infantile, a partire dagli anni 2000 si fa avanti un interesse ed entusiasmo per i vantaggi cognitivi del bilinguismo infantile.
I falsi miti contro il bilinguismo vengono corsi accantonati, in virtù di una visione completamente nuova e positiva.
Ciò che, come genitore di figli bilingui e operatore nell’ambito dell’insegnamento, vorrei puntualizzare è che è vero che il bilinguismo presenta considerevoli vantaggi a livello culturale e cognitivo per i bambini, tuttavia è altrettanto vero che non è buono in se’ , ma che i vantaggi che il bilinguismo può portare dipendono dal modo in cui questa educazione bilingue viene portata avanti.
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Tipi di bilinguismo: simultaneo o consecutivo /additivo o sottrattivo
Abbiamo già dedicato un estensivo articolo ai tipi di bilinguismo, cui vi rimando. In questa sede, ciò che è giusto rimarcare è che il bilinguismo può avere effetti psicologici e cognitivi/culturali assai diversi a seconda del contesto e della modalità in cui viene attuato.
Cominciamo con analizzarne per sommi capi i possibili funzionamenti:
- il bilinguismo può essere simultaneo, se i bambini sviluppano contemporaneamente i due sistemi linguistici in modo indipendente. Ciò accade soprattutto nei bilinguismi precoci. Il bilinguismo può essere consecutivo, se il bambino comincia ad acquisire la seconda lingua dopo avere acquisto la prima, ed utilizza parzialmente le strutture neurali della prima. Questo accade normalmente nel caso di scolarizzazione in lingua straniera, ma non è in sé negativo. Il transfer di risorse da una lingua ad un altra è naturale e utile. Accade soprattutto tra lingue simili e permette al cervello di mantenere standard alti “economizzando risorse”. Con l’esercizio costante, anche i fenomeni di interferenza che naturalmente si verificano vengono superati.
- il bilinguismo può essere additivo, nel senso che tramite l’esposizione alle due lingue il bambino entra in contatto con mondi culturali diversi e acquisisce significati. Il significato può essere definito come “concettualizzazione dell’esperienza” e facendo esperienza in lingue diverse può capitare che nella mente del bilingue si creino significati diversi, ognuno nel proprio sistema linguistico. Ovviamente, ci saranno significati univoci con forme linguistiche diverse (come l’oggetto sedia, che ha due etichette “chair” e “sedia”), e significati diversi con forme linguistiche diverse (il fenomeno per cui a quel dato concetto attribuiamo spontaneamente una parola specifica in una lingua specifica, e se vogliamo portarlo in una altra lingua dobbiamo tradurlo). Questa forma di bilinguismo ha moltissimi vantaggi metalinguistici, cognitivi e culturali per il bambino.
- Purtroppo, si assiste comunemente anche al bilinguismo sottrattivo, che è invece il fenomeno per cui la seconda lingua va a “cannibalizzare” le strutture della prima lingua, con uno strascico di confusioni se i sistemi non sono ben formati ed esercitati. A livello semantico, i significati non si sommano e si combinano armoniosamente, ma si confondono, perdono specificità e profondità, soggiacciono ad interferenze che indeboliscono ed impoveriscono il lato culturale. Questo fenomeno accade quando il bilinguismo è portato avanti in forme confusionarie, non strutturate, non consapevoli o addirittura traumatiche, con la svalutazione di una delle due lingue o la scarsa cura nell’insegnamento di entrambe.
Ciò accade molto di frequente. Pensiamo ai bambini che si trovano ad entrare in una classe di italofoni ad un certo punto della loro infanzia, senza avere potuto praticare la lingua prima (o non averla potuta praticare a sufficienza, pensiamo che di solito quando entriamo a scuola abbiamo almeno 6 anni di esercizio esclusivo della lingua, attività preparatorie e metafonologiche alla scuola di infanzia: non è la stessa cosa che trovarsi da un giorno all’altro a dovere apprendere in essa).
Si osserva – ed è un fatto- che i bambini hanno dispositivi di adattamento molto accelerati ed efficienti, per cui è vero che un bambino comincia a capire e parlare la lingua per interagire in pochi mesi. Si deve osservare però che questi dispositivi per lavorare cosi velocemente non si costruiscono e ricostruiscono da zero, ma sicuramente vanno a incistarsi sulle strutture neurali della prima lingua. Questo è positivo ed efficiente, ma è bene non abbandonare la prima lingua se non si vuole che i significati che il bambino ha immagazzinato in essa vadano perduti o vengano comunque erosi nella loro pregnanza psicologica e culturale. Questa è una situazione tipica di bilinguismo sottrattivo, e il bilinguismo sottrattivo non è favorevole perché può avere un portato negativo sull’apprendimento o sulla emotività.
Lo sforzo da fare sarebbe quello di mantenere entrambe le lingue e valorizzare entrambi i vissuti, culturali, linguistici e psicologici, legate ad esse. Va sicuramente valorizzata sempre la lingua madre, come primo strumento di pensiero e organizzazione della conoscenza.
Bilinguismo e scolarizzazione: la consapevolezza della sfida
Un aspetto su cui non si riflette a mio avviso abbastanza è l’entità epocale della sfida del bilinguismo scolastico che caratterizza il mondo di oggi, e non era tipico del bilinguismo dei nostri nonni.
Se un bambino viene scolarizzato in una lingua che conosce poco, può trovarsi a dovere gestire gli apprendimenti disciplinari con un veicolo linguistico inadeguato.
Molti obiettano che i bambini imparano le lingue velocemente, ma ciò spesso significa solo che si osserva che il bambino riesce ad interagire in quella lingua per avere degli scambi sociali (chiedere e dare informazioni, giocare…).
Una competenza linguistica e metalinguistica adeguata agli apprendimenti è molto più di questo: presuppone capacità di comprendere analiticamente, e non solo globalmente gli enunciati, capacità di esprimere le sottigliezze, di cogliere le sfumature e fare i collegamenti, di seguire la velocità di una lezione e percepire i rimandi, etc
E’ senza dubbio possibile scolarizzare un bambino in una lingua straniera che conosce ancora poco e si possono avere anche eccellenti risultati, ma è indispensabile avere in mente l’impegno reale di questa sfida. Il bambino richiede di essere accompagnato psicologicamente e culturalmente in un percorso oggettivamente non facile.
Il bilinguismo è comune in tutto il mondo, e lo è sempre stato. Nei tempi in cui ogni valle aveva il suo dialetto e tutti parlavano il dialetto a casa e sono stati scolarizzati nella lingua nazionale (come ad esempio, succedeva a chi è nato agli inizi del XX secolo), questa situazione era assolutamente all’ordine del giorno. C’erano però alcune differenze sostanziali, su cui non si deve riflettere:
- normalmente questa situazione riguardava tutti i bambini in classe o almeno la gran parte
- non ci si aspettava che ogni bambino raggiungesse traguardi accademici nella lingua di scolarizzazione. Tipicamente, ai tempi i percorsi scolastici erano brevi (si potevano concludere anche alle elementari) e dalla scuola non dipendeva tutto il futuro lavorativo (sociale ed economico) dell’individuo, quindi la pressione psicologica sulla performance scolastica era decisamente più leggera.
E’ stato solo nel corso del XX secolo, e particolarmente dopo la II Guerra Mondiale, che la scolarizzazione è diventata un fenomeno di massa e la chiave al futuro economico delle persone. Questa evoluzione è andata di paripasso con la forte spinta verso il monolinguismo, almeno in Italia. Dagli anni 90 , come abbiamo anticipato nelle righe sopra, abbiamo assistito alla ricomparsa del bilinguismo nel nostro orizzonte culturale e sociale e particolarmente ad un bilinguismo legato alla scolarizzazione.
Genitori ed insegnanti senza esperienza diretta di bilinguismo (perchè nati nel periodo in cui veniva rimosso) si trovano a gestire la scolarizzazione in L2 di moltissimi bambini. Alcuni risultati devono farci pensare: l’incidenza di bambini stranieri che hanno difficoltà negli apprendimenti può in certi casi collegarsi a fattori personali o allo svantaggio socio-economico,. ma forse anche i criteri di scolarizzazione pensati per la scuola monolingue possono essere rivisti.
I bambini che entrano nelle scuole di lingua straniera (scuola internazionali, nelle quali l’inglese è la prima lingua o comunque nelle quali molte materie vengono insegnate direttamente in inglese) possono avere la medesima difficoltà, con l’aggravante di una forte pressione sulle performances.
La risposta a questo tipo di ostacolo è sicuramente nelle strategie e tecniche didattiche: non si può fermare un trend globale fortissimo, ma si deve governare l’apprendimento tramite specifici supporti e strategie. Particolarmente:
- insegnamento multisensoriale per coinvolgere i bambini con una pluralità di strumenti
- scaffolding per organizzare le informazioni disciplinari senza lasciare “buchi” che diventano “lacune”
- sostengno linguistico, per continuare a nutrire le due lingue e incoraggiando i fenomeni di transfer additivo tra le due lingue
Spero che questo articolo vi sia stato utile.
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