Quasi tutti noi adulti italiani abbiamo studiato inglese a scuola con un metodo molto strutturato e basato sulla grammatica. Per questo ci risulta automatico pensare alla lezione di inglese come una normale lezione scolastica, riproponendo lo schema a cui siamo abituati.
Tuttavia, ampliando un po’ lo sguardo, possiamo notare che l’apprendimento della seconda lingua dovrebbe potere seguire le “regole” dell’apprendimento della lingua materna. Questa cosa è stata infatti dimostrata da insigni studiosi, ed è alla base del metodo comunicativo e del “Natural Approach”.
Ma, al di là delle formule accademiche, quali suggerimenti può trarre un insegnante dalla consapevolezza che la lingua straniera si può e si deve insegnare come la lingua materna? In questo articolo cerchiamo di trarre alcune indicazioni dagli studi scientifici sul linguaggio e l’apprendimento.
Approccio per insegnare inglese ai bambini
L’adulto quando si rivolge ad un bambino si esprime mediante un linguaggio che presenta delle caratteristiche peculiari, che sembrano funzionali a mantenere la sua attenzione e ad adattarsi alle sue capacità. Tale linguaggio è detto motherese ed è caratterizzato da:
- timbro di voce più acuto,
- frequenti accomodamenti dell’intonazione
- riferimenti a semplici contenuti
- una ridotta lunghezza media della frase, scarsi verbi e congiunzioni e una predominanza nell’uso del tempo presente
- linguaggio ritmicamente lento, ricco di ripetizioni e forme enfatiche.
Il motherese è un processo sostanzialmente presente in tutti i contesti familiari. Nonostante il nome, si tratta a tutti gli effetti di un registro utilizzato comunemente anche dai padri, pur se in misura relativamente inferiore. Anche i bambini stessi lo utilizzano, nelle occasioni in cui il loro interlocutore sia più piccolo di loro.
In psicologia, le ricerche che hanno impiegato come indice dello sviluppo linguistico la misura del vocabolario del
bambino, hanno trovato 3 principali caratteristiche che sembrano favorirne lo sviluppo:
- Uno degli aspetti più rilevanti del linguaggio materno: l’alta quantità di espressioni attinenti ad oggetti o attività sui quali è focalizzata l’attenzione del bambino. In altre parole la mamma naturalmente si concentra su ciò che attira la attenzione del bambino, seguendolo più che facendosi seguire. E’ infatti assai più efficace insegnare il linguaggio se si asseconda l’interesse spontaneo dei bambini e si rispettano i fisiologici tempi di attenzione, senza imporre dall’alto l’oggetto di interesse e la modalità/tempo di interazione.
- C’è una differenza tra le espressioni attinenti ad oggetti e/o eventi su cui è focalizzata l’attenzione del bambino e quelle che, al contrario, non presentano informazioni salienti per il bambino. La prima categoria influisce maggiormente, rispetto alla seconda, sullo sviluppo del vocabolario. In altre parole, è dimostrato che il bambino acquisisce meglio il linguaggio riferito all’oggetto/evento che sta catturando la sua attenzione, mentre tende a trascurare le parole inerenti ad altre cose (incluse le espressioni di affetto che la mamma gli rivolge quando è concentrato su qualcos’altro)
- Prendendo in esame le differenze nella “direttività” delle interazioni materne: le espressioni materne che
intendono dirigere il bambino, hanno effetti positivi sulla crescita del vocabolario del bambino quando vengono impiegate per guidare il piccolo a eseguire un compito su cui la sua attenzione è già indirizzata.Quindi il bambino ascolta e acquisisce le indicazioni finalizzate ad aiutarlo ad eseguire il compito su cui è concentrato moto meglio rispetto ad altri “ordini” iimpartiti, non inerenti a ciò che sta conquistando la sua attenzione in quel momento.
La conclusione che ogni insegnante può trarre da questi studi è che la lezione di inglese, al pari dell’apprendimento naturale della lingua materna, è molto più efficace se viene concentrata su ciò che interessa al bambino.
Chiedere al bimbo cosa vuoi fare oggi e giocare con lui in inglese non è affatto “meno didattico” rispetto al portargli una scheda o proporgli un’attività strutturata. Al contrario, mettersi in sintonia con i suoi inteessi è in assoluto la maniera più efficace per farlo apprendere.
Naturalmente, ciò presuppone molta preparazione da parte dell’insegnante. Creare lesson-plans personalizzati è un grande lavoro: l’insegnante deve costantemente adattare il suo intervento agli argomenti ed occupazioni che stimolano il singolo studente. Deve essere anche preparata e flessibile abbastanza per cambiare in corso d’opera il lesson plan preparato, se il bambino non si dimstra sufficientemente interessato o cambia oggetto di interesse.
La lezione “bambinocentrica” può significare un turn over di attività, per adattarsi ai tempi di attenzione ridotti e alla naturale migrazione dell’attenzione infantile da un oggetto all’altro.
L’insegnante deve costantemente trovare un modo per dirigere al bambino una quantità sufficientemente consistente di input linguistici durante il breve tempo di attenzione, modellando il suo insegnamento sulla base dell’osservazione in tempo reale del comportamento del bambino. Ovviamente, mano a mano che il bimbo cresce, i tempi di attenzione si allungano e l’opera dell’insegnante cambia, e comunque deve essere diretta ad aiutare il bambino ad allungare i tempi di concentrazione sull’oggetto.
Sono la mamma di una bimba di 6 anni che effettua lezioni online da maggio 2020.
Abbiamo scoperto Open Minds nel lockdown, momento di grande difficoltà e solitudine: è stata una risorsa inattesa e sorprendente, di cui tutt’ora fruiamo con entusiasmo.
Non possiamo che riconoscere l’assoluta professionalità, la totale attenzione e disponibilità che questa scuola ci ha riservato.
Mia figlia attende con ansia l’incontro virtuale con la sua teacher, che ad ogni lezione riesce ad individuare il modo giusto per catturare la sua attenzione e a fornirle i giusti strumenti didattici. Il tutto in modo giocoso, sereno e sorridente.
A tutt’oggi rimaniamo increduli di fronte alla quantità, varietà e qualità del materiale didattico offerto dalla scuola. Altamente fruibile, divertente, efficace.
Un particolare ringraziamento alla nostra teacher e, naturalmente, alla direttrice, alla regia di questa grande risorsa; ha saputo affiancarci nel nostro percorso con estrema professionalità; ha risposto ad ogni nostro dubbio o perplessità con assoluta chiarezza e sempre in tempi record.
Non posso che ringraziare tutti voi di Open Minds per il vostro eccellente lavoro!
Metodo naturale per insegnare l’inglese: riassunto
- Timbro: più acuto del normale
- Intonazione: più enfatica del normale e frequentemente adattata
- Velocità: lenta
- Frase: semplice e corta
- Vocabolario: semplice
- Ripetizioni: frequenti, soprattutto ripetendo le parole-target che costituiscono l’oggetto della lezione (ogni lezione, anche “bambinocentrica”, deve avere un obiettivo consapevole da parte dell’insegnante)
- Atteggiamento: affettuoso, con abbondanza di gesti e espressioni facciali che illustrano e sottolineano le parole
Una altra osservazione che è importante fare: quanto deve parlare l’insegnante di inglese durante la lezione?
Qualcuno sostiene che debba parlare molto, in modo da dare al bambino la possibilità di “sentire” l’inglese. In realtà, è un assunto sbagliato.
Gli studi dimostrano che l’esposizione ad input linguistici non compresi (o a cui non si presta attenzione, in quanto “non significativi” per il discente) non è efficace ai fini dell’apprendimento.
Contrariamente a ciò che molti pensano, non si impara per mera esposzione. Si impara per esposizione a stimoli significativi.
Quindi l’insegnante efficace può anche parlare poco durante la lezione, stando invece attento (molto attento) a piazzare le parole giuste nei momenti giusti , in modo che siano colte dal bambino, e da creare delle attività coinvolgenti che creino la necessità di ripetere quelle parole abbastanza di frequente per potere creare la traccia mnestica. E, non meno importante, di rcordare di ripetere la volta successiva quelle stesse parole, e richiamarle durante l’anno.
Questo ha un effetto sull’apprendimento, non il riempire l’aria di parole, senza badare al fatto se siano ascoltate e comprese o meno. Perché, se non sono comprese o ascoltate, sicuramente non sono imparate.
Parliamo di questi aspetti nella nostra formazione per docenti di inglese nella scuola di infanzia
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