Pubblichiamo una riflessione del nostro insegnante Colum su un tema sentito da tanti genitori. Insegnare l’inglese ai figli è oggi una esigenza assai sentita da molti genitori.
Le scuole inglesi o bilingue inglesi a Milano sono sempre più popolari, e molti si interrogano su come insegnare inglese ai bambini piccoli perché possano impararlo efficacemente.
Uno dei dubbi è: il genitore non di madrelingua inglese deve parlare inglese ai propri bambini?
“Una delle domande che mi ha sempre affascinato è se un genitore non madrelingua debba parlare l’inglese con i suoi figli. La risposta non è certo facile, ma vorrei toccare alcuni punti per illustrare che in certi casi male non fa – anzi.
Un bebè foneticamente riesce a produrre tutti i suoni di tutte le lingue già a 4/5 mesi. E’ in grado di percepire qualsiasi tipo di suono e a produrre un ampissimo spettro di suoni, anche non appartenenti alla lingua dei suoi genitori. Nei bambini più grandi e negli adulti, questa straordinaria abilità va persa: è come se il cervello e gli organi fonatori del bambino “si specializzassero” in quelli della lingua materna.
Quando un bambino comincia a parlare usa già i fonemi che la sua lingua contiene, e quella meravigliosa capacità di percepire ed imitare un range “universale” che aveva solo pochi mesi prima è svanita per sempre.
Si potrebbe ipotizzare che l’esposizione alla nostra lingua nativa aiuti a riorganizzare la parte del cervello dedicato alle lingue, creando una specie di gerarchia: la lingua nativa per prima, e quelle non native dopo. Un bambino tende a ignorare i suoni che provengono dalle altre lingue del mondo, perché altrimenti non riuscirebbe nella sua lingua a distinguere quando una parola finisce e quando l’altra inizia.
Ancora più interessante è l’abilità del bambino nel distinguere i suoni acusticamente diversi di uno stesso fonema. All’inizio il neonato ha questa abilità. Dai 10 /12 mesi, il bambino non riesce più a distinguere i suoni non nativi dai suoni simili nella
lingua nativa. Ad esempio, il suono della ‘i’ per il bambino esiste così e basta: non riesce a percepire altri tipi di “i” che magari in italiano non esistono (ma in altre lingue, come ad esempio l’inglese, sì).
Parlare in inglese con i propri bambini: ha senso?
Quindi, per rispondere alla domanda che ci siamo posti all’inizio: ha senso che un genitore parli da subito anche in inglese con i suoi bambini, se per lui è importante che imparino l’inglese: perché solo esponendoli precocemente all’inglese, può sfruttare appieno l’apertura che il cervello ha solo quando il bimbo è piccolissimo.
Sse un genitore non vuole parlare l’inglese con il proprio figlio perché non sente di non essere sufficientemente competente e teme che andrebbe a creare soltanto danni, allora consiglio di imparare la lingua insieme con un corso con un madrelingua, in modo da renderlo un gioco e un obiettivo per entrambi. L’importante è fare entrare l’inglese in casa, e coinvolgersi tutti perché l’esposizione alla lingua sia consistente sia anche affettivamente significativa.
Invece, se un genitore è in grado di parlare bene l’inglese ed è sicuro di non nuocere all’apprendimento della seconda lingua del figlio, consiglio fortemente di sfruttare sempre questa capacità. Il figlio ovviamente non avrà mai un accento da madrelingua – non lo è. Potrebbe però avere un buon accento: infatti ci sono tanti italiani che parlano l’inglese con un accento meraviglioso.
Posso usare tre esempi molto personali per il dimostrare che parlare in inglese con un non-madrelingua non influenza negativamente l’accento del bambino, se vengono contemporaneamente dati stimoli di qualità in inglese (libri, film, interazione con madrelingua).
Il primo esempio è la mia esperienza di vita in Olanda, dove ho abitato da quando avevo tre mesi fino ai 9 anni I miei genitori per ovvi motivi mi parlavano in inglese, e andavo a una scuola internazionale perciò parlavo
sempre l’inglese.
Ma non sentivo parlare la mia lingua madre solo dagli anglofoni: sentivo parlare persone da tutto il mondo in inglese. Tutto questo non contaminò il mio accento e sicuramente non ebbe alcuna influenza sui suoni che riuscivo a produrre naturalmente (però, per la cronaca, la R per me da bambino era tosta).
Il secondo esempio è mia madre: lei è indiana. I suoi genitori avevano un fortissimo accento indiano. Mia nonna sapeva una parola sola di inglese: milk. Mio nonno invece, parlava molto bene l’inglese. La lingua dell’infanzia di mia madre era il Bengala, e solo quando iniziò la scuola l’inglese diventò la sua seconda lingua. In India all’epoca era comune che la lingua usata a scuola fosse la lingua degli ex dominatori (una cosa che io ho sempre pensato fosse ridicola). Nonostante ciò, mia madre parla inglese senza nessuna traccia dell’accento indiano. In realtà, la prendo in
giro perché il suo accento è così posh: sembra quasi che debba lavorare per la BBC.
Il corso lo ha fatto mio figlio. Inizialmente non era molto entusiasta di fare in estate, a casa al mare, un corso di inglese on line. Però, alla fine di questo mese e mezzo gli è dispiaciuto che il corso era finito. Il suo insegnante , David è stato molto bravo a non fargli pesare di fare lezioni di inglese in estate. Consiglio questa scuola, anche per la semplicità di comunicazione. Grazie Open Minds
Silvia Scaglia
Il terzo esempio è mio fratellastro. Lui ha la madre italiana e il padre inglese. In casa c’era sempre una miscela assurda di fratelli che cercavano di parlare italiano (ma erano inglesi), la madre che parlava italiano (ma ogni tanto parlava ai suoi figliastri nella lingua imparata da loro), il padre che parlava sia l’inglese sia l’italiano… e il mio povero fratellino che era sicuramente molto confuso per i primi due anni della sua vita. Nonostante ciò, ora lui parla inglese perfettamente senza alcuna traccia di accento l’italiano e parla altrettanto perfettamente l’italiano, senza traccia di accento l’inglese. In altre parole, non ha preso le sfumature dell’accento italiano che sa madre aveva quando parlava in inglese, e il suo accento italiano è D.O.C. (nonostante sia nato in Norvegia).
In tutta onestà, il fatto di madrelingua o non madrelingua è importante solo quando non c’è la sicurezza di non fare danni. Io sento troppi genitori che parlano l’inglese molto bene e mi chiedo perché non condividono questo vantaggio con i propri figli. I bambini amano avere cose in comune con i proprio genitori e perché non rendere l’inglese una di queste?
Io so bene quanto è difficile passare da una lingua a un’altra ma se il figlio sa che il suo genitore è ricettivo e aperto
all’inglese, il figlio ha più probabilità di essere uguale di fronte a una nuova lingua”.
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