Ecco un articolo dedicato a chi insegna inglese e a chi è interessato ai corsi di inglese per bambini.
Ho conosciuto virtualmente Roberta perché frequentiamo i medesimi gruppi FB dedicati al bilinguismo e alla glottodidattica. Condividiamo la passione per questo mestiere: insegnare l’inglese e trovare modi efficaci per trasmettere la lingua ai bambini.
Lei, come me, ha usato i propri figli come “cavie”:-) Siamo infatti due mamme che sin dai primi giorni hanno deciso che per noi aveva grande importanza che i nostri bimbi vivessero l’esperienza di una esposizione a due lingue e due culture.
Per questo, con grande piacere, ora che Roberta ha pubblicato un libro …la ospitiamo qui, per parlare e divulgare ad altri genitori l’importanza e la bellezza dei gesti con cui abbiamo proposto l’inglese ai nostri cuccioli. Io sono personalmente persuasa che l’opera dei genitori nella prima fase della vita sia fondamentale per instaurare un buon rapporto con la lingua (anche la lingua non materna, ma “scelta”) …. ciò che è difficile, per genitori non di madrelingua inglese, è trovare gli strumenti giusti per veicolarla, senza appesantire la routine e forzare la mano, ma al contrario creando occasioni divertenti e piacevoli di condivisione.
Il libro di Roberta è veramente utile in questo senso! Ma lasciamo ora la parola a lei!
Ciao Roberta, tu sei fresca di “parto”! hai appena pubblicato un libro! Ci racconti?
Già, proprio vero, un “parto”! Diversi mesi di gestazione, poi ha iniziato a prendere forma dentro di me, poi per i miei figli ed ora è pronto ad avere una vita propria! Mi spiego meglio…: Io sono mamma di due gemelli che ora hanno quasi 4 anni e che mi hanno fatta letteralmente impazzire per dormire da quando sono nati (un minuto di silenzio per me, grazie!).
Dai loro primi respiri ho scelto che li avrei cresciuti bilingue italiano/inglese…io insegno inglese ai bambini, sarebbe stato assurdo non farlo con i miei! E così abbiamo iniziato il nostro percorso di vita! Nel tentativo di farli dormire le ho provate tutte…: ninne-nanne in inglese [niente- cantavano con me!], con lettura di goodnight stories [niente – si ipereccitavano con le immagini e giravano le pagine alla velocità della luce!], lasciarli addormentare da soli [niente – li trovavo a rincorrersi sui letti]…e prima di cedere a metodi “poco ortodossi” ho tentato la strada della narrazione improvvisata. Buio totale, tutti nel letto, per ascoltare la storia che la mamma inventava per loro.
Essendo ancora piccoli (due anni quando abbiamo iniziato) ho scelto di limitare il racconto a cose che loro conoscessero e in cui potessero riconoscersi per dare loro un senso di sicurezza, affidabilità e di ritrovare di se stessi nella narrazione. Inoltre, avendo scelto come lingua l’inglese, anche il vocabolario e le strutture sintattiche dovevano restare molto semplici per adattarsi alla loro comprensione che è più limitata rispetto all’italiano.
Bene, ho iniziato a raccontare loro scene di vita quotidiana del personaggio che loro mi chiedevano di volta in volta questo riusciva a suscitare il loro interesse! Pian piano mi sono ritrovata a ripetere sempre le stesse sequenze narrative, mooooooooooolto leeeeeentaaaaaameeeeeenteeeeee in modo da rallentare anche i loro cervellini iper-reattivi!
Dopo un po’ completavano loro le frasi che lasciavo volontariamente in sospeso (in inglese) e mi correggevano se saltavo qualche passaggio….presi!!! Una volta catturata l’attenzione il gioco è stato facile. Picco di attenzione per qualche minuto, narrazione sempre più lenta e ipnotica… finchè il loro respiro iniziava a farsi pesante, regolare, profondo….ANDATI!!! Questo ha una grande valenza anche sotto il punto di vista dell’apprendimento perché notoriamente la fase del sonno è quella in cui le onde cerebrali sono nella modalità di frequenza “più lenta” e proprio qui si consolidano gli apprendimenti della giornata. BINGO! Dormono e imparano!!
Cosa intendi per ” APPROCCIO GRADUALE ALLA COSTRUZIONE LINGUISTICA® “?
L’ APPROCCIO GRADUALE ALLA COSTRUZIONE LINGUISTICA® è stato uno stratagemma che ho creato aggiungendo sempre qualcosa di nuovo nella narrazione ad integrazione di elementi già conosciuti. Quando ho realizzato il libro insieme alla mano di Barbara Antonioli per la parte grafica abbiamo creato la narrazione visiva con dei disegni stile manga giapponese dove gli elementi nuovi sono disegnati con un bordo più marcato per saltare subito all’occhio ed essere facilmente associabili ai nuovi elementi di testo e facilmente memorizzabili.
Nella presentazione del tuo libro, scrivi che “vengono utilizzate le tre forme di apprendimento (Visiva, uditiva e cinestesica)”: in che modo questo libro attiva queste tre modalità?
Nel caso del libro, il racconto o la lettura soddisfano la modalità uditiva, importantissima nei primi tre anni di vita per quanto riguarda l’esposizione ai fonemi di lingue diverse dalla propria, la parte grafica del libro soddisfa quella visiva con il riconoscimento degli elementi conosciuti e l’aggiunta di quelli nuovi, mentre il poter interagire con le immagini colorandole o ritagliandole a seconda dell’età e delle capacità del bambino soddisfa il senso del “fare” col corpo, la parte cinestesica.
A chi è indirizzato questo libro?
Ho pensato questo libro per genitori e insegnanti di bambini da 2 a 8 anni ca. Con bambini molto piccoli con cui si sta introducendo l’ingese in famiglia credo sia una risorsa molto utile per costruire e consolidare vocabolario e strutture sintattiche adattate al mondo del bambino, usare le immagini per rendere tutto riconoscibile e dedicare del tempo a giocare insieme in inglese. Se pensiamo invece a bambini di età di scuola primaria ci sono molte attività che possono nascere dalle pagine del libro, con un po’ di creatività può venir fuori tantissimo (poi farò dei tutorial su youtube per aiutare i meno fantasiosi).
Tu sei da alcuni anni una insegnante di inglese, per bambini e adulti. Ci puoi parlare del tuo metodo nell’insegnare inglese? A cosa dai priorità? Ho la fortuna di fare il lavoro che amo e di poterlo fare libera da schemi e vincoli prestabiliti. L’unico vincolo che ho realmente è la persona o il bambino che mi trovo davanti. La sfida vera per me ogni volta è capire lo stile di apprendimento del singolo, individuare e utilizzare le sue aree di interesse per applicarle alla lingua, far divertire e appassionare, far desiderare di imparare perché può servire a qualcosa di importante nella loro vita. Insomma, cerco di tirar fuori l’inglese dai libri e renderla il più vivo possibile. Non c’è una lezione uguale all’altra, così come non c’è una persona uguale all’altra!
Mi fa piacere anche parlare del tuo progetto Families&Ireland. Di che cosa si tratta? come è nata questa proposta per le famiglie?
Families and Ireland è un altro progetto, ormai in piedi dal 2015, che mi coinvolge e appassiona tantissimo! Il tutto è sempre legato alla formazione linguistica esperienziale e l’idea di base è che quando l’ apprendimento è condiviso in famiglia…si possono avere risultati esponenziali! Con questo progetto, insieme alla vera mente ideatrice, l’amica e collega Emma-Jane Brown (irlandese!) portiamo famiglie (e non singoli studenti!) in Irlanda, vicino a Dublino, per un soggiorno-studio per grandi e piccini! Le nostre famiglie italiane sono ospitate presso host families irlandesi e i bambini (dall’età di 2 anni e mezzo fino all’adolescenza) vengono accolti in camp locali per fare attività sportive/ricreative/a contatto con la natura con coetanei irlandesi. I genitori possono praticare il loro inglese con le persone locali o con un corso in una scuola internazionale.
Una vera esposizione alla lingua per tutta la famiglia! Io ci porto i miei gemelli da quando avevano 16 mesi, ora spesso la mattina quando ci stiamo preparando per la scuola mi chiedono “Mummy, are we going to Hannah and Matthew’s?” (la nostra host family irlandese con 4 figli con cui giocano un sacco!). “Yes, love, soon..very soon!” 😉
Grazie a Roberta per questa intervista!
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