Il fatto che la conoscenza dell’inglese degli italiani sia mediocre, è fatto di pubblico dominio. Chiunque abbia girato per l’Europa, sa di potersi muovere con disinvoltura (chiedendo info in inglese) nelle capitali del Nord Europa, mentre nell’Europa Latina e nella fattispecie nel nostro Paese è difficile imbattersi in persone che parlano fluentemente l’inglese.
Purtroppo, questo gap di competenze riguarda anche la generazione dei nostri figli. I bambini italiani parlano l’inglese assai meno rispetto ai coetanei danesi, olandesi, norvegesi.
Ci sono delle cifre accertate che purtroppo confermano ciò che intuitivamente sospettavamo. Provate a fare una ricerca su termine “EF EPI”: si tratta di un rapporto prodotto da EF, basato su dati inerenti alla competenza linguistica, l’insegnamento scolastico e le implicazioni economiche della conoscenza dell’inglese in 70 paesi. Il rapporto è considerato assolutamente autorevole e citato, come una breve ricerca potrà dimostrare, da innumerevoli fonti internazionali. Le conclusioni sull’Italia (che illustrerò nelle prossime righe) sono desolanti.
E vorrei citare un’altra fonte assai autorevole. Si tratta di una pubblicazione, frutto dello sforzo congiunto di Eurydice ed Eurostat, in stretta collaborazione con la Commissione europea, e basata su quattro principali fonti di dati: Eurydice, Eurostat, l’Indagine europea sulle competenze linguistiche (European Survey on Language Competences – ESLC) e l’indagine internazionale OCSE PISA 2009.
I dati Eurydice coprono 32 paesi, e cioè i 27 stati membri, ed inoltre la Croazia, l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia e la Turchia, e si riferiscono all’anno scolastico 2010/11 .
I dati di queste ricerche dimostrano che:
- Una migliore competenza in lingua inglese a livello personale è correlata a successo scolastico e professioni migliori in età adulta.
- Una migliore competenza in lingua inglese è correlata a maggiori connessioni economiche, culturali e politiche con l’estero a livello di Paese.
- L’Italia è fanalino di coda in Europa (l’Epi indica la nostra posizione tra il 24 e il 28 posto su 70 Paesi) per la competenza in lingua inglese.
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I BAMBINI ITALIANI NON SANNO L’INGLESE PERCHE’ LO STUDIANO PER TROPPE POCHE ORE A SCUOLA?
Si potrebbe pensare (in molti lo sostengono) che i bambini italiani non sanno l’inglese perché le ore a scuola dedicate a questa materia sono troppo poche. Ma le cose sono più complicate di così.
Non è quindi meramente questo il motivo della sostanziale differenza tra la conoscenza dell’inglese mostrata dai danesi, e noi.
Andando in profondità nel rapporto, emerge che ciò in cui l’insegnamento dell’Inglese in Italia e in Danimarca differisce drammaticamente non è il numero di ore, bensì l’approccio: la Danimarca propone una glottodidattica
basata sul metodo comunicativo, anticipando (più che privilegiando) l’acquisizione orale della lingua rispetto all’apprendimento della grammatica e della letto-scrittura.
In Italia sembra restare ancorata al metodo traduttivo e grammaticale.
Per imparare efficacemente le lingue, è necessario implementare una modalità di apprendimento naturale, in linea con la modalità per cui il nostro cervello è programmato per imparare.
Il grande linguista S.Krashen ha dimostrato che la l’approccio naturale va dalla “modalità emisfero destro” (globale, intuitiva, associativa) alla modalità “emisfero sinistro” (analitica, razionale, sequenziale).
La terminologia qui usata è imprecisa e la adottiamo solo per renderci chiari in modo immediato: Krashen parla di “direzionalità”, ma ovviamente il linguaggio è una facoltà molto più complessa di così.
Tuttavia, ciò che vorrei comunicare è che siamo programmati per apprendere intuitivamente la lingua, e poi analizzarla. Il bambino piccolo prima impara dal givecarer i rudimenti della comunicazione, le parole e le frasi che sono necessari per esprimersi, chiedere, comunicare….dopo va a scuola e formalizza le regole. La stessa cosa deve accadere con la lingua straniera: prima deve essere imparata oralmente, dopo può essere analizzata e formalizzata.
L’approccio con cui molti di noi hanno imparato (prima studio la regola, poi faccio l’esercizio, poi applico la regola nella conversazione) è stata dimostrato scorretto ed improduttivo. Purtroppo, la ricerca dimostra che questo approccio obsoleto è ancora assai radicato in Italia.
I BAMBINI ITALIANI NON SANNO L’INGLESE PERCHE’ L’INGLESE NON E’ NELLE LORO VITE
Tuttavia, dare la colpa solo alla scuola, è come sempre riduttivo. I bambini italiani e i bambini danesi hanno un alto livello di inglese perché i bambini danesi ascoltano da sempre e con continuità l’inglese, mentre i bambini italiani no.
Questa è forse la più potente delle differenze, perché l‘esposizione continuativa alla lingua è una condicio sine qua non per impararla.
Ma se le ore di scuola sono uguali, come è possibile che ci sia una tanto massiva differenza tra le ore di esposizione alla lingua di cui beneficiano i piccoli danesi (moltissime) e quelle di cui beneficiano gli italiani (pochissime)?
I bambini e i giovani danesi sono esposti quotidianamente alla lingua inglese, tramite film e programmi televisivi in lingua originale (non tradotti). Ciò significa che sin dalla più tenera età, e con continuità nel corso della vita, i danesi hanno la possibilità di ascoltare l’inglese “vero”, fatto da madrelingua per madrelingua, non mediato da traduzioni.
Al contrario, per via della consuetudine italiana del doppiaggio, il bambino italiano non si abitua ai suoni della lingua inglese. E, cosa ancora più rilevante, non si instaura naturalmente l’abitudine a fruire di documenti originali in lingua (nella ricerca si menziona il fatto che i giovani ed adulti italiani tendono a usare Internet in italiano, a non leggere libri in inglese etc, ove invece la fruizione di documenti in lingua originale è normale nelle nazioni del nord Europa)
Il rapporto degli italiani con la lingua inglese, tanto nella scuola come nella vita, subisce lo scotto di questa mediazione e tendenza a tradurre anziché a fruire in modo naturale. Non si ricorderà mai abbastanza spesso che tradurre e parlare la lingua sono abilità diverse!
Facciamo un esempio: uno può sapere leggere le note, vedere il pallino sulla ultima riga del pentagramma e riconoscere “mi”. Ma ciò non significa che sappia suonare.
Ci sono bambini che sanno come si dice “gatto” o “mucca”, o moltissime parole in inglese….. ma non sono in grado di usare queste parole, mettendole in una frase. Conoscono queste parole informa scritta, ma non le riconoscono in bocca ad un madrelingua.
Non hanno l’inglese nelle orecchie, nonostante anni di insegnamento traduttivo. Questo si vede anche andando avanti negli anni: quanti ragazzi del liceo hanno letto Shakespeare, hanno fatto centinaia di test di grammatica…..ma non sanno parlare in modo fluido?
Se voglamo che i nostri bambini e ragazzi imparino l’inglese dobbiamo fare i modo che siano esposti in modo continuativo! Libri, audio-libri, programmi tv in inglese devono essere il pane quotdiano. E’ necessario che vivano la lingua in modo normale. E’ necessario che i loro genitori vivano la lingua e trasmettano la normalità del vivere l’inglese.
Se un genitore ha un bimbo piccolo e vuole insegnargli l’inglese, il primo e migliore investimento che può fare è imparare l’inglese lui stesso, buttare la tv in italiano e fare entrare l’inglese nella propria casa, tutti i giorni.
Non ha importanza che il genitore non sia di madrelingua inglese. Se aprirà la sua porta a cultura ed intrattenimento in inglese, i suoi figli ascolteranno materiali originali di qualità e impareranno tutto più facilmente, grazie alla massiva esposizione.
Noi crediamo che i bambini possano imparare solo se la famiglia collabora con la scuola, concordando materiali adatti e esponendo i bambini massivamente, anche nelle ore libere di gioco e svago, a materiali in inglese. Senza questa collaborazione è difficile ipotizzare che i bambini arrivino ad ascoltare abbastanza inglese per impararlo veramente. L’impegno delle famiglie è indispensabile.
POLITICHE PER LA SCUOLA: COME MIGLIORARE L’APPPRENDIMENTO DELL’INGLESE?
E’ giusto segnalare che gli studi dimostrano che la sola esposizione a casa, per quanto indispensabile e facilitante, non può da sola essere determinante per insegnare l’inglese.
L’immersione è una delle condizioni, ma non basta: per lo stesso motivo per cui i bambini non imparano la lingua madre ascoltando la radio, bensì essendo diretti da una persona che usa la lingua per comunicare con loro.
Krashen sottolinea che è indispensabile che lo studente sia sottoposto a molto stimolo in lingua, ma è altrettanto necessario che siano attivati anche altri meccanismi, quali:
- la motivazione ad imparare: lo studente deve avere una molla psicologica che lo spinga a desiderare apprendere la lingua
- la corretta impostazione della lezione: deve essere piena di stimoli corretti per passare dalla comprensione all’utilizzo attivo
- il monitor: lo studente deve essere corretto mentre procede con i “tentativi ed errori“
Noi facciamo molte lezioni con i madrelingua nelle scuole e ci permettiamo di segnalare questi punti come fondamentali per l’implementazione di una didattica che veramente migliori il livello linguistico dei bambini.
E’ importante avere un insegnante di madrelingua a scuola perché:
- Dà la possibilità di udire i suoni originali e naturali della lingua: questo è fondamentale per sviluppare
tutte le altre competenze. Solo fornendo stimoli “madrelingua” ai bambini si allenerà la naturale capacità del cervello di comprendere gli imput linguistici e, successivamente, parlare in lingua. Le ricerche di Krashen dimostrano che il meccanismo fondamentale dell’apprendimento linguistico non risiede nella produzione (che può essere stimolata con esercizi “drill” o con un approccio ultra strutturato) bensì nella comprensione orale. Quando il cervello riesce inconsciamente a associare concetto e parole, si ha il vero mattone dell’acquisizione linguistica: successivamente questa competenza può essere sviluppata e diventare capacità di esprimersi in lingua etc. Ma è necessario fornire ai bambini la possibilità di fare questo passaggio di comprensione inconscia del linguaggio parlato, e solo l’insegnante che parla inglese con piena competenza e pronuncia naturale (madrelingua o livello C2) può permettere loro di farlo. - Offre un’occasione di rinnovamento della didattica: la classe con il madrelingua (se adeguatamente formato) porta naturalmente stimoli nuovi all’interno del sistema. La lezione di conversazione con un parlante nativo si articola necessariamente su un approccio diretto e non traduttivo, che rispecchia i dettami del “Natural Approach” . In particolare, una buona lezione di conversazione in inglese deve prevedere un uso ampio del body language, deve avvenire in un ambiente e modalità rilassata e non giudicante, deve riproporre modalità di apprendimento che mimando quelle infantili “per tentativi ed errori”
- La lezione ludica con il madrelingua (secondo le indicazioni qui date) ed in generale la didattica bilingue è altamente motivante, sia per gli studenti che per i docenti a contatto con l’assistente di madrelingua. La motivazione è il più efficace motore dell’apprendimento (anzi dell’acquisizione, ove per acquisizione si intende
apprendimento permanente di abilità linguistiche).
Genitori: investite sul VOSTRO inglese
Mi rivolgo a voi, genitori: se per voi è importante che i figli sappiano l’inglese, investite sulla vostra cultura linguistica.
Non spingete vostro figlio a fare il corso che voi stessi non fareste, non cercate di convincerlo a guardare la tv in inglese se voi per primi non ne volete sapere. L’educazione linguistica, come altre forme di educazione, parte dall’esempio.
Se i bambini vedranno che coltivate per primi la curiosità verso le lingue, se in casa vostra circolano riviste e libri in inglese, se guardate anche tg intermazionali o film in lingua originale….allora il pensiero di imparare questa lingua sarà piuì naturale e gradito anche per i vostri bambini. Ascoltate i consigli di Stephanie su come coltivare l’inglese con stimoli informali:
Ho frequentato un corso per tre mesi e voglio complimentarmi per la preparazione e la professionalità dell’insegnante che mi ha seguita: Yalda non è solo una Teacher “speciale”, è una persona “speciale”! Piena di entusiasmo, tanto paziente e motivante. A Claudia complimenti per la precisione delle informazioni, l’organizzazione e la velocità nelle risposte. Lo consiglio a tutti!
Greta Bocchi
Consigli per fare imparare l’inglese ai bambini
Non sono “consigli per insegnare” perchè io credo che certe cose non si insegnino soltanto…altrettanto importante che insegnare è creare un ambiente in cui i bambini possano imparare.
- Imparate e coltivate l’inglese per voi stessi
- Cantate in inglese ai bambini piccoli, imparate le Nursery Rhymes se sono piccoli o canzoncine
- Abituatevi ad usare gli audiobook, potete ascoltarli individualmente o leggerli in modo condiviso. Per informazioni potete andare a questo articolo
- Se i ragazzi e bambini sono grandini, potete fare karaoke. Consigliamo qui delle canzoni dei Beales
- Fate insieme giochi da tavolo in inglese (Clementoni, Orchard Toys, Usborne)
- Leggete romanzi e riviste in inglese (ci sono linee come la Giunti Junior, che sono economiche)
- Viaggiate, o ase non potete comprate un mppamondo e tante guide di viaggi da sfogliare assieme
- Considerate un asilo o scuola inglese, o un playgroup con maestri madrelingua.
- Ci sono gruppi su FB per entrare in contatto di famiglie che vogliono trovare modi per esercitare l’inglese con i figli
- Non fatelo diventare unìossessione. Coltivate il vostro inglese e assecondate gli interessi dei bambini se vi chiedono, ma non costringeteli
- Restate naturali con i bambini: non snaturate il rapporto con i figli per costringerli ad usare una lingua che non vogliono usare. Abbiate pazienza e aspettate che siano loro a interessarsi, se avete creato l’ambiente giusto, succederà!
I bambini sono spugne?
NOOO! Non sono spugne!
I bambini sono filtri.
Non è vero che i bambini assorbono tutto ciò cui sono esposti.
I bambini assorbono, ciò che gli serve e filtrano ciò che non gli serve.
Assorbono ciò che
- sentono regolarmente e costante
- è veicolo di una comunicazione affettiva o significativa: non si impara l’inglese dalla radio, ma da una persona cui il bimbo vuole bene
- è comprensibile: non si impara ciò che è inadeguato all’età: si ritiene ciò che si comprende ed eì adeguato allo sviluppo del bambino.
Stimolate la curiosità linguistica!!
Le lingue sono strumenti di pensiero e comunicazione, che permettono ad ognuno di noi di conoscere ed apprezzare le multiformi manifestazioni del genio umano!
Non limitiamoci a pensare all’inglese come “strumento di lavoro”. Può darsi che negli anni, non sarà necessario studiare l’inglese perchè i traduttori automatici ci permetteranno di capire una persona che parla un’altra lingua…
…ma la curiosità per il mondo aiuta lo sviluppo umano dei bambini , dei ragazzi e degli adulti. Sino moltissimi i Paesi dove l’inglese è prima o seconda lingua.
L’inglese è uno strumento culturale!
Ascoltate Morgan , potete anche fare vedere questo video ai vostri figli. Morgan ha disegnato un grande mappamondo a casa sua, per ricordasi chje il mondo ‘ grande e nutrire ogni giorno la sua curiosità di visitarlo e capirlo. Well done Morgan!
Open Minds offre attraverso il suo canale youtube un supporto per i genitori che vogliono insegnare inglese ai figli.
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