E’ davvero con piacere immenso che ospitiamo sul blog una intervista a Donata Miniati, maestra di inglese a scuola primaria che abbiamo conosciuto nell’ambito di uno dei nostri progetti di potenziamento linguistico di inglese , con cui si è sviluppata da subito una grande intesa e amicizia.
Donata Miniati è stata tra i promotori nella propria scuola un modello si cui si sente parlare sempre più spesso, ovvero “la Scuola Senza Zaino (SZ)”. Sono veramente tante le scuole che hanno spostato questa filosofia didattica per tutte le loro classi , oppure hannio aperto sezioni o interclassi SZ: cerchiamo di capire concretamente di cosa si tratta e che differenza c’è con la didattica tradizionale!
Si sente sempre più spesso parlare di “Scuole Senza zaino”: ma cosa sono esattamente le scuole senza zaino, e come si muove l’associazione che c’è dietro?
Le scuole SZ fanno parte della rete nazionale costituita dall’associazione omonima. Possono essere scuole nelle quali tutte le classi seguono il modello oppure includere gruppi di classi che non lo attuano.
Sono in larghissima parte scuole pubbliche, dall’infanzia alle medie e anche qualche secondaria di secondo grado, che hanno aderito seguendo un protocollo che prevede la formazione di docenti, dopo aver sottoscritto un accordo di rete, che viene approvato dal Collegio dei docenti e dal Consiglio di istituto.
L’adesione alla rete e che prevede il versamento di una quota di adesione, proporzionale al numero di classi aderenti. L’associazione, in coerenza con i valori fondanti del movimento, promuove l’estensione del modello all’intero plesso, proprio per favorire il formarsi di una comunità, nella quale si condividano valori educativi e pratiche didattiche, tra docenti, tra docenti e studenti, con il diretto coinvolgimento delle famiglie.
L’associazione ha una struttura articolata, con un gruppo promotore costituito dai fondatori del movimento, dirigenti e insegnanti che per primi hanno pensato e sperimentato il modello. Per coordinare e supportare le scuole vi è una direzione nazionale a cui fanno riferimento i referenti territoriali e di scuola. Promuove iniziative diverse per far conoscere il modello, convegni, presentazioni informative e soprattutto la formazione iniziale e continua dei docenti SZ, avvalendosi dei formatori, insegnanti esperti nella didattica SZ.
La rete è essa stessa una comunità di ricerca e di pratiche, aperta e in costante aggiornamento culturale, pedagogico e interdisciplinare, in contatto con il mondo dell’Università, in particolare con alcuni corsi di laurea in scienze della formazione, interessati ad avvicinare i futuri insegnanti a questo modello pedagogico.
Sul Sito “Senza zaino” il progetto educativo è spiegato dettagliatamente: si rende chiaro che senza zaino non è un “progetto” bensì un modello di scuola. Una didattica senza zaino parte dalla consapevolezza che l’ambiente di lavoro e la progettazione dei processi formativi influiscono ovviamente sui modi, gli obiettivi e i risultati del fare scuola. Quali sono i principi piu importanti?
SZ è un modello di scuola che nasce nel 2002 nella scuola pubblica, dall’esperienza di un gruppo di “pionieri” guidati da Marco Orsi, un dirigente scolastico di Lucca e fondatore del movimento.
All’origine vi è una riflessione sull’insufficienza del modello tradizionale nel rispondere ai bisogni educativi di una società in rapido mutamento, immaginando la visione di una scuola inclusiva, accogliente, fondata sull’esperienza e capace di sviluppare identità, autonomia e competenze sociali, come chiedono del resto le recenti Indicazioni Nazionali.
Il modello SZ si muove nella scia delle grandi conquiste della ricerca e della sperimentazione pedagogica, partendo proprio da Montessori e dal suo “Maestra aiutami a fare da solo” . Pone al centro della sua visione anche un aspetto solitamente lasciato nell’implicito, ovvero quanto gli artefatti materiali connotino un’organizzazione, parlandoci silenziosamente dei suoi valori e assunti di base.
Lo zaino è divenuto l’oggetto emblematico della scuola tradizionale dei giorni nostri. Rappresenta infatti l’inospitalità e la precarietà di un ambiente dove occorre portare quotidianamente ciò che è necessario, mentre il suo contenuto di tanti quaderni e libri ( e fotocopie!) quanti sono gli insegnanti, ci dice della disciplinarizzazione precoce, di un sapere sempre più frammentato che si trasmette generalmente nella lezione frontale, dell’enfasi sui traguardi piuttosto che sui percorsi, del “peso” di una scuola che ha rinunciato all’esperienza.
Fare scuola Senza Zaino significa quindi riprogettare l’ambiente formativo, l’aula e la scuola, per dare gambe solide ai valori di SZ: ospitalità, responsabilità, comunità. In essi didattica innovativa e scelte educative si integrano in modo coerente e aperto.
- OSPITALITA’ come ambiente che accoglie gli alunni nella loro globalità: pensiero, emozioni, fisicità e nelle loro differenze. I percorsi didattici si articolano intorno a “esperienze generatrici”, in grado di “ospitare” pre-conoscenze e potenziale conoscitivo dei bambini, guidandoli alla comprensione del reale, attraverso percorsi interdisciplinari, condivisi dai docenti. I materiali di cancelleria sono comuni, condivisi e gestiti i secondo un sistema di responsabilità. Lo zaino è sostituito da una borsina uguale per tutti, leggera e sufficiente a portare a casa e scuola il necessario. Lo spazio è flessibile e articolato, con aree dedicate a attività diverse che possono svolgersi in contemporaneità e in autonomia. La comunicazione visuale è curata e finalizzata sia all’esposizione di contenuti di lavoro sia alla gestione condivisa dei ritmi della giornata. Gli strumenti didattici sono in gran parte ideati dai membri della rete e condivisi dalla comunità; consentono di differenziare la proposta didattica, “ospitando” così tutte le diversità.
- RESPONSABILITA’ come acquisizione crescente di autonomia e indipendenza degli allievi, che sono corresponsabili e artefici del proprio apprendimento e della vita della comunità. Nell’aula SZ le attività vengono pianificate insieme in momenti assembleari di classe e anche di scuola, definendo i tempi e i modi del lavoro. L’apprendimento cooperativo implica l’assunzione di ruoli e la condivisione di percorsi per giungere a un risultato efficace. Anche nella differenziaizione didattica vi è una progressiva assunzione di responsabilità, che arriva all’esercizio della scelta dei compiti da svolgere, con attenzione alla cura, all’ordine, alla revisione.
- COMUNITA’ come l’intreccio di relazioni che costituiscono il contesto vitale della scuola, nel quale sviluppo delle abilità sociali e apprendimento si incrociano. Comunità come luogo di incontro e scambio per e tra tutti gli attori della scena educativa: insegnanti, alunni e genitori. L’approccio cooperativo coinvolge tutti, per poter progettare, sviluppare e sostenere un percorso educativo e didattico così articolato. Comunità che è intrisa dei valori di responsabilità e ospitalità e diventa quindi anche concreto laboratorio di pratiche democratiche.
L’enfasi sul lavoro di gruppo e la responsabilità dei bambini mi ha colpito molto. Puoi spiegarci come si combina il lavoro cooperativo e la responsabilità individuale del piccolo studente? e come agisce il ruolo del docente in questo?
Credo di avere già in parte risposto alla tua domanda, parlando dei valori. Penso sia utile approfondire l’aspetto che riguarda le pratiche didattiche.
I bambini nella classe sono disposti attorno a tavoli, in numero da quattro a fino a sei per tavolo. Attraverso il sistema delle responsabilità, vengono attribuiti in modo partecipato ruoli e compiti, per tempi consistenti in modo che si possa ricoprire il ruolo con crescente competenza, quale ad esempio il responsabile del tavolo.
Il gruppo non è comunque la dimensione costante del lavoro: la forma del lavoro è flessibile, secondo il compito da svolgere. Può essere individuale e più spesso di coppia, che un’unità collaborativa snella e funzionale per l’apprendimento tra pari.
Il contesto di comunità, se pensato su scala di scuola, offre importanti occasioni di assunzione di responsabilità, come ad esempio da parte dei più grandi che assumono ruoli di tutoraggio dei più piccoli e, ad un livello ancora più alto di partecipazione, essere membri dei consigli dei ragazzi e delle ragazze con compiti di decisione e gestione della scuola.
L’insegnante SZ è un facilitatore dell’apprendimento, è decentrato anche fisicamente nella scena didattica: la cattedra è a lato perché le lezioni frontali, le presentazioni sono solo una modalità tra le altre, da adottare quando necessario e che spesso si realizzano nello spazio di riunione dell’agorà. Sa praticare forme di presenza/assenza; più spesso, con la didattica differenziata e le attività per i tavoli, è un organizzatore che predispone gli strumenti e struttura con gli alunni le procedure per il loro uso autonomo. È un supporto, che può affiancare singoli o gruppi per attività di potenziamento o avanzamento. È un supervisore, che stimola, osserva e monitora e può così offrire un feedback immediato, anche non verbale.
Un altro punto che non può non attirare la nostra attenzione è l’acustica. Spesso le classi sono rumorose, e invece la Visione Senza Zaino dà una grande importanza alla gestione dell’aula affinché la confusione sia ridotta al minimo. Quali sono gli accorgimenti e quale è l’importanza di essi?
La cura di questo aspetto è cruciale, pensando a uno spazio condiviso dove si possono svolgere più attività in contemporanea. Nella progettazione dell’ambiente formativo è necessario adottare gli accorgimenti necessari, soprattutto in quei contesti di scuole vecchie, costruite quando la fono -assorbenza non esisteva se non nei teatri.
Ad esempio mettere le palline da tennis sgonfie alle estremità delle sedie trasforma la vita della classe, eliminando le interferenze da rumore che possono essere per alcuni una vera sofferenza.
In scuole di nuova progettazione si chiede il contributo di consulenti specifici. Negli anni la rete ha lavorato anche sulla relazione tra architettura ed educazione, e collabora con professionisti esperti. Nella pratica educativa si utilizzano poi strumenti di gestione della voce per educare a un uso moderato: simboli esposti ( pesce, serpente…) che indicano quale livello di volume della voce è consentito.
Anche l’insegnante sa che deve fare un uso molto controllato della voce, e anche della parola, ovvero parlare quanto necessario, utilizzando per la gestione della classe anche strumenti non verbali, quali messaggi scritti su “cavalieri” di cartoncino da porre sui tavoli che recitano ad esempio: “State lavorando bene” “Avete esaurito il tempo” “State alzando la voce”…
Cosa si intende per Global Curriculum Approach?
IL GCA è interconnesso con l’approccio sistemico all’ambiente formativo di cui abbiamo parlato. In sostanza il curricolo coincide con la globalità dell’esperienza scolastica, poiché tutti gli elementi, dagli artefatti materiali (spazi, arredi, strumenti…) a quelli immateriali (contenuti, metodi, relazioni, atteggiamenti…), concorrono a determinarla.
Nella prospettiva del GCA vi è consapevolezza che tutto conta, anche ciò che sta “dietro” l’attività d’aula, cuore vitale dell’esperienza scolastica; e che l’intreccio armonico di questi due livelli realizza davvero l’idea di comunità. Nel livello educativo la globalità dell’approccio si integra con i valori di cui abbiamo parlato e si declina come globalità della persona, del sapere, dell’inclusione delle differenze e, come già detto, dell’ambiente formativo.
Come si fa a diventare una scuola senza zaino?
Esiste un protocollo, che si avvia con la formulazione di una manifestazione di interesse del DS ai responsabili nazionali e con una visita a una scuola che applica il modello presente sul territorio, concordandola con il referente locale. Se la manifestazione di interesse è accolta si procede con l’accordo formale e l’avvio della formazione.
Quali sono i piani futuri per la attività dell’associazione?
Il modello è in costante espansione in tutto il territorio nazionale. A oggi aderisono alla rete 202 istituti con 328 scuole (plessi). Ciò implica un notevole sforzo per l’associazione, che deve offrire formazione e supporto e tutoraggio ai docenti, ai dirigenti e alle scuole per un’attuazione coerente del modello, tenendo conto che tutti coloro che lavorano per la rete lo fanno a titolo volontario. Per questo al momento vi è una “lista d’attesa”. Nel frattempo la rete sta investendo sulla formazione dei formatori e il costante lavoro di ricerca e sviluppo di pratiche didattiche. Dal settembre 2017 sulla rivista Scuola Italiana Moderna sono ospitati articoli sul modello e sugli strumenti didattici utilizzati nelle classi SZ.
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